Pericoli in montagna parte 2°(pericoli naturali oggettivi)
Pericoli naturali oggettivi
La loro origine risiede esclusivamente nei fenomeni naturali legati alla montagna, ai suoi aspetti morfologici e agli eventi meteorologici.
In larga parte i pericoli sono legati a eventi meteorologici e si possono distinguere in:
DIRETTI Se agiscono direttamente sull’escursionista
INDIRETTI Se agiscono dopo aver provocato mutamenti nell’ambiente e sul terreno
PERICOLI DIRETTI
LA QUOTA
L’alta quota di per sé condensa una serie di pericoli: l’intensità del freddo e del vento può causare ipotermia e congelamenti, che si prevengono con indumenti indossati a strato. Importante proteggere le estremità (mani e piedi) poiché laddove il sangue di norma arriva già con difficoltà, il freddo – che causa un’ulteriore vasocostrizione – può causare principi di congelamento.
Oltre i 4000 metri (ad esempio sulle montagne himalayane), l’ossigeno è molto ridotto e c’è il rischio del mal di montagna (forte cefalea, nausea, vomito, stato confusionale, vertigini) dovuto a un edema cerebrale che può essere mortale: si previene evitando di salire oltre i 300 metri di quota al giorno. Sempre oltre quote del genere c’è rischio di edema polmonare, dalle conseguenze altrettanto gravi dell’edema cerebrale.
LA VISIBILITA’
La visibilità ridotta (spesso ridotta nell’arco di pochi minuti), così frequente in montagna, mette a dura prova la nostra capacità di orientamento. La nebbia, specialmente se cala su un pendio innevato, disorienta e cancella ogni tipo di segnale. Su terreno non innevato la nebbia rende umide e scivolose le rocce, può ghiacciare sul terreno, provocando anche pericoli indiretti.
Per ridurre i rischi di nebbia:
•Partire presto la mattina
•Regolare l’altimetro alla partenza e ad ogni punto riconoscibile su cartina, registrare l’andamento barometrico;
•Osservare cielo e terreno memorizzando tutti gli eventuali punti di riferimento che emergono dalla nebbia, individuare tali punti su cartina;
Può essere molto freddo anche a quote basse. Si tratta di un fattore che contrasta con la necessità del corpo umano di mantenere una temperatura costante tra i 36 e 37 gradi centigradi. Gli indumenti, indossati a strati, producono delle sottili camere d’aria che avvolgono il corpo dell’escursionista e impediscono al freddo dell’aria di raggiungere il corpo.
Ma c’è un limite al freddo cui ci si può esporre. Limite sia oggettivo, uguale per tutti gli esseri umani, che soggettivo, tipico per ciascun individuo (soggetti più o meno “freddolosi”) a causa di un diverso livello di funzionamento metabolico e circolatorio.
Si perde calore più in fretta …
Il vento che investe il nostro corpo porta via lo strato d’aria calda a contatto con la pelle e accelera fortemente il processo di raffreddamento. Più aumenta la velocità del vento più la pelle si raffredda. Oltre a causare più freddo, il vento rende più faticosi i movimenti e ostacola la respirazione. Perciò rende più impegnativa l’escursione.
Se il vento è forte i disagi fisici si traducono poi in una sofferenza psicologica.
Può essere utile conoscere una classificazione dell’intensità del vento per regolarsi di conseguenza.
Questa è la classificazione di Munter, specifica per la montagna.
1 DEBOLE (fino a 18 Km/h) Un fazzoletto si muove appena, nessun effetto sulla neve, si avverte il vento sul viso.
2 MODERATO (18 – 36 Km/h) Il fazzoletto si tende, la neve si solleva e forma cumuli, nessuna sensazione di fastidio.
3 FORTE (36 – 60 Km/h) Il vento si fa sentire, si muove il fogliame, fremito del bosco, fischi, bastoncini e cavi tesi vibrano, accumuli di neve di notevole intensità, se l’aria è molto fredda il vento è doloroso, rischio di congelamenti alle estremità già a -10°C, indispensabile usare indumenti che non fanno passare il vento.
4 MOLTO FORTE (60 – 90 Km/h) E’ difficile provedere contro vento, la neve sulle vette e le creste viene sollevata, i rami degli alberi vengono spezzati, possibili congelamenti a partire già da -5°C.
5 FORTISSIMO (OLTRE 90 Km/h) Progressione in posizione eretta molto difficile. Occorre interrompere qualsiasi attività.
LA TORMENTA
E’ costituita dalla presenza contemporanea di freddo, vento, turbinio di neve, talvolta nebbia. La visibilità è scarsissima, la respirazione difficoltosa, i minuscoli aghi di ghiaccio percuotono il paralizzando i muscoli facciali ed impediscono di tenere gli occhi aperti.
L’orientamento è molto difficile e l’affaticamento è elevatissimo.
La tormenta causa facilmente il congelamento e l’assideramento, in quanto asporta rapidamente calore dall’organismo.
Essa costituisce fenomeno impressionante e demoralizzante e chi non è dotato di sufficiente forza morale è tentato di abbandonarsi al suolo, con comprensibili gravi conseguenze.
La tormenta può essere vinta con eccellente equipaggiamento, una buona esperienza, forza fisica e morale che consentono di cercare un riparo prima che sia troppo tardi.
Non fare uso di bevande alcoliche: accrescono la spossatezza, annebbiano la mente e accelerano il processo di assideramento.
LA PIOGGIA ED I TEMPORALI
I temporali sono precipitazioni causate da particolari tipi di nubi (cumulonembi e cumuli congesti), nubi isolate che crescono rapidamente in verticale. Ogni escursionista dovrebbe essere in grado di riconoscerle per la frequenza con cui danno luogo a piogge improvvise a metà giornata sulle montagne nella stagione estiva.
LA DIFESA DEI FULMINI
Prima di affrontare questo delicato tema, va sottolineata una premessa fondamentale:
la migliore difesa dai fulmini consiste nel non farsi sorprendere da un temporale!
Questo significa essenzialmente:
Alcune regole fondamentali da osservare in caso di necessità:
Il pericolo di un fulmine potrebbe far avvertire sul nostro corpo i segnali di scarica:
•sensazione di solletico sulla pelle;
•prurito al cuoio capelluto;
•i peli che si rizzano;
In tal caso, anche se non è detto che possa trattarsi di un avvisaglia di fulmine, sdraiarsi a terra per ridurre l’effetto di dissipazione della carica;
Il sole in alcuni casi, può costituire un pericolo da non sottovalutare: esso infatti, oltre a modificare lo stato della neve, provocando caduta di cornici o di valanghe, può causare la caduta di sassi, per effetto del disgelo e può causare direttamente danni all’organismo – oftalmie, insolazioni, eritemi ecc… –
Un buon equipaggiamento, completo di copricapo, occhiali, creme per il viso e labbra, consente di far fronte alle conseguenze che possono derivare da una lunga esposizione ai raggi solari.
E’ importante difendersi dai raggi ultravioletti (UV-A, UV-B, UV-C)
Gli UV-A sono i meno dannosi, ma possono causare ustioni ad alte dosi. Alte intensità di UV-B sono dannose per gli occhi, e un’esposizione prolungata può causare il flash di Welder (fotocheratiti). Sia gli UV-B che gli UV-C danneggiano le fibre di collagene, e quindi accelerano l’invecchiamento della pelle.
PERICOLI INDIRETTI
VALANGHE
Un improvviso aumento della temperatura destabilizza il manto nevoso e può causare valanghe.
La conseguenza del disgelo incrementa il normale rischio di scariche di sassi.
GHIACCIO
Un’improvvisa diminuzione della temperatura può gelare la brina, la neve e formare lastroni di ghiaccio.
Attenzione a dove si mettono i piedi, specialmente al mattino presto in giornate serene.
Evitare di camminare sul bordo esposto del sentiero.
Portare il peso del corpo sulla parte esterna della suola del piede a monte.
Usare i bastoncini telescopici come appoggio.